Il divario con la realtà: c’è (un preoccupante) ottimismo nonostante le evidenze
Henning Ohlsson, Director of Sustainability, Epson Europe, ha dichiarato: “L’emergenza climatica è davanti agli occhi di tutti ed è davvero preoccupante che così tante persone non ne riconoscano l’esistenza, o addirittura la neghino. È un campanello d’allarme per tutti, governi, aziende e singoli cittadini, affinché tutti collaborino in modo che il vertice COP26 prenda le decisioni e ispiri le azioni necessarie per mitigare i cambiamenti climatici”.
In Europa (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) l’ottimismo generale sulla capacità di evitare una crisi climatica registra un 39%, rispetto al pessimismo che sale al 33%; nello specifico, gli italiani ottimisti raggiungono il 38,8% contro un 34,1% che afferma di essere pessimista. Nel nostro Paese, i motivi più comuni a sostegno di questo atteggiamento di fiducia sono la crescente consapevolezza dell’opinione pubblica sui cambiamenti climatici (32,9%), la capacità della scienza e della tecnologia di fornire soluzioni (26,9%) e la transizione verso le energie rinnovabili (23,3%).
I pessimisti sono invece guidati principalmente dalla convinzione che le persone non sono consapevoli dei pericoli del cambiamento climatico (52,2%), dalla sensazione che c’è una mancanza di azioni da parte del governo (23,1%) e dall’idea che il passaggio a fonti di energia rinnovabile non sarà abbastanza veloce (14,8%).
Fare i conti con la realtà: la comprensione di fronte all’azione
Il Barometer indica che l’ottismismo è frutto dell’incapacità di riconoscere la reale gravità della situazione. In Europa, molti ritengono che la responsabilità di affrontare l’emergenza ricada su stati e industrie: tra gli intervistati, più di uno su quattro (27%) identifica i governi e il 18% le aziende come “più responsabili”.
In Italia, tra i fattori che maggiormente le persone associano ai cambiamenti climatici sono: l’aumento delle temperture globali (83,8%), la riduzione delle calotte glaciali (81,1%) e la maggiore siccità (80,8%), mentre i meno riconosciuti sono le migrazioni di massa (49,8%), le epidemie di insetti (51,7%) e le carestie (55,8%).
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